Museo Orientale ‘Umberto Scerrato’
century by the Portuguese, the first Europeans to take
control of the routes to the East along which they
established a certain number of emporiums, among them
Hormuz in the Persian Gulf, Goa on the Indian Coast,
Malacca and finally the promontory of Macau, in China.
The Chinese porcelain originally produced to be
exported is primarily that of the blue and white type,
obtained through a single high-temperature firing with
a cobalt blue decorative motif under a transparent
glaze. The decoration, which at the beginning draws
on the oriental repertoire mostly characterized by
flowers, birds and geometric elements, is too showy to
reflect the taste of the Chinese literati The latter is in
fact rather attracted by refined monochrome palettes,
whereas to the Western eye the porcelains exported
from China seem plain, unadorned, extremely sober
and are therefore often enriched with elaborate and
redundant metal mounts which fit well into the baroque
and rococo environments of the European residences,
or are repainted with low-fire enamels.
The exported artefacts primarily come from the
Chinese kilns in Jingdezhen, a small town in the
southern province of Jiangxi, with a strategic position
at the confluence of two rivers that facilitate
transports. Beside the easiness of the shipments, the
growth of Jingdezhen is mainly due to the presence, in
the surrounding area, of the raw materials needed to
make the porcelain, i.e. kaolin,
petuntse
and firewood
to fuel the kilns. This city is documented by Père
d’Entrecolles, a Jesuit who had the lucky chance to
visit it at the beginning of the 18th century. In the
report to his superior in Paris, he describes it as a
center exclusively devoted to the manufacturing of
porcelain, with numerous boats anchored in several
rows in its harbour, flames rising from numerous kilns
burning night and day. Moreover he gives a detailed
account of the process of porcelain manufacturing in
gestiti dai portoghesi, primi europei a controllare le rotte
per l’Oriente lungo le quali stabiliscono un certo
numero di empori, tra cui Hormuz sul Golfo Persico,
Goa sulla costa indiana, Malacca e infine il promontorio
di Macao in Cina.
La produzione di porcellana cinese destinata
originariamente all’esportazione è soprattutto quella di
tipo bianco e blu, ottenuta in un’unica cottura ad alte
temperature con un decoro realizzato in blu cobalto sotto
un’invetriatura trasparente. La decorazione, che
all’inizio si richiama ad un repertorio orientale
caratterizzato soprattutto da fiori e uccelli e da elementi
geometrici, è troppo appariscente per rispecchiare il
gusto del letterato cinese, attratto piuttosto da raffinate
tavolozze monocrome. Agli occidentali, invece, le
porcellane esportate dalla Cina appaiono semplici,
disadorne, estremamente sobrie e quindi spesso sono
arricchite da elaborate e ridondanti montature metalliche
che bene si adattano agli ambienti barocchi e rococò
delle dimore europee o sono ridipinte con smalti a
piccolo fuoco.
Il materiale d’esportazione proviene principalmente
dalle fornaci cinesi di Jingdezhen, una cittadina nella
provincia meridionale del Jiangxi, dalla posizione
strategica alla confluenza di due fiumi che ne agevolano
i trasporti. Lo sviluppo di Jingdezhen è legato, oltre alla
facilità delle spedizioni, soprattutto alla presenza nei suoi
dintorni delle materie prime necessarie per realizzare la
porcellana, cioè il caolino, il
petuntse
e la legna per
alimentare le fornaci. La città è documentata da un
resoconto di un gesuita, padre d’Entrecolles che ha la
fortuna di visitarla agli inizi del XVIII secolo. Nel
rapporto al suo superiore a Parigi, la descrive come un
centro dedito esclusivamente alla fabbricazione della
porcellana, con numerose imbarcazioni ancorate in più
file nel suo porto, con fiamme che si levano da
molteplici fornaci accese notte e giorno. Inoltre racconta
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